D341 Rivarossi (1:80) – parte II: prima serie

Nel 1975 Rivarossi inserisce in catalogo la D341 di prima serie, a quasi 10 anni di distanza dalla realizzazione della versione di seconda serie, già vista nella prima parte, della quale sfrutta integralmente il telaio e la meccanica. La consegna effettiva del modello avviene nei primi mesi del 1976, come specificato sul catalogo.

Se per la seconda serie era stata presa in considerazione una macchina di costruzione FIAT, adesso si opta per un’unità di fornitura Breda, la D341 202 (poi rinumerata 2002, art. 1779), anche se le ragioni di tale scelta appaiono piuttosto oscure, dato che la prima serie Breda era composta da due sole unità, diversamente dalla ben più numerosa prima serie FIAT (16 macchine). Ancor più imperscrutabile il motivo per cui il modello riproduce la locomotiva allo stato d’origine, con il primitivo numero progressivo a tre cifre (202) che al vero su questa unità, consegnata nel 1959, è durato pochissimo, infatti già nel 1960 si è adottata la marcatura definitiva con progressivo a quattro cifre (2002).

D341 202, art. 1779 – foto da ebay

La cassa è del tutto nuova e richiama bene le fattezze delle macchine di prima fornitura, differenti in molte parti dalle successive (profilo delle testate, tetto, fiancate). Le proporzioni, naturalmente, sono sempre in scala 1:80 circa, che all’epoca costituiva lo standard per Rivarossi.

Diversamente dalla precedente edizione di seconda serie, che nasceva per la fascia bassa del mercato fermodellistico, questa D341 di prima serie è concepita per collocarsi a un livello più elevato, cosa che si traduce in una maggiore attenzione al dettaglio, con una finezza di stampo più che buona (notevole la sottile modanatura sulle fiancate all’altezza degli oblò e i fregi Breda) e i corrimani frontali riportati. Purtroppo i vetri, come era normale all’epoca, non sono a filo cassa, fattore che guasta un po’ l’aspetto del modello, inoltre il sottocassa non corrisponde al prototipo reale essendo stato utilizzato, come detto prima, il telaio già in produzione per la versione di seconda serie, lo stesso vale per alcuni particolari dei carrelli (anche se qui l’imprecisione si nota di meno). La colorazione presenta un grave errore, infatti al vero la parte bassa, comprese le “mascherine” frontali, era rossa, mentre sul modello è in castano, inoltre la demarcazione tra il castano e l’isabella non è sempre così netta. Al giorno d’oggi tali mancanze sarebbero inammissibili e provocherebbero come minimo un’insurrezione, a quei tempi però, obtorto collo, ci si accontentava, anche perché di alternative non ce n’erano.
Le targhe, stampate in rilievo, non sono verniciate, se non altro però sono presenti alcune iscrizioni di servizio nella parte bassa.

Altra vista della D341 202, art. 1779 – foto da ebay

Piccola considerazione: la scelta di un’unità appartenente a una serie numericamente alquanto esigua, la marcatura d’origine, in disuso da ben 16 anni al momento della commercializzazione, e la livrea errata farebbero supporre che Rivarossi abbia realizzato il modello basandosi semplicemente su vecchie foto in bianco e nero (dove il rosso è pressoché indistinguibile dal castano), senza prendere visione diretta delle macchine vere.

La D341 202, oltre che singolarmente, viene venduta anche all’interno di varie confezioni con carri, carrozze, binari e accessori, rimanendo in produzione senza variazioni, mantenendo quindi la colorazione sbagliata, fino al 1984.

Nel 1985, così come la consorella di seconda serie, anche questa D341 di prima serie viene sottoposta a una rivisitazione: l’unità riprodotta è sempre la stessa, ma in ambientazione più recente (primi anni ’80) e quindi marcata non più 202 ma 2002 (art. 1782).

D341 2002, art. 1782 – foto da ebay

Vengono aggiunti il terzo faro sulle testate (al vero applicato negli anni ’70) e le trombe (riportate), mentre la finitura è più accurata: la livrea è finalmente corretta, le targhe sono tampografate, con fondo rosso, le scritte di servizio vengono riviste, le cornici dei vetri frontali sono ritoccate in nero e le custodie dei respingenti in castano. Il sottocassa invece rimane invariato, e quindi non fedele al vero, idem i carrelli, e anche i vetri sono sempre non a filo: evidentemente Rivarossi, per le ragioni già esposte nella prima parte dell’articolo, non intende investire più di tanto su questo modello, che rimane in produzione solo per breve tempo, scomparendo dal catalogo nel 1988 al pari della versione di seconda serie. Non si tratta però di un addio definitivo, a fine millennio infatti le due D341, con meccanica rifatta e dettagli ulteriormente migliorati, verranno riproposte dal gruppo Lima/Rivarossi, questa però è un’altra storia e la racconteremo un’altra volta.

In conclusione proponiamo una tabella di riepilogo in cui sono indicate tutte le versioni prodotte (singole e confezioni), non escludiamo di essere incorsi in qualche errore, pertanto ringraziamo anticipatamente chi vorrà segnalarceli.

D341 Rivarossi (1:80) – parte I: seconda serie