Il “Pendolino Diesel” ATR 410 – Rivarossi

Come abbiamo avuto più volte modo di vedere i prototipi, gli esemplari unici e i mezzi fuori ordinanza hanno sempre esercitato, e continuano a farlo, un fascino irresistibile sulle varie case produttrici di modelli ferroviari, che così si adoperano per riprodurli e metterli in vendita possibilmente (ma non sempre) in serie limitata e ovviamente a prezzo maggiorato.
In questo campo la (un tempo) nostra Rivarossi non ha mai dovuto imparare nulla da nessuno, potendo vantare negli anni all’interno del suo catalogo un buon assortimento di pezzi “fuoriserie”.

Negli anni ’90 l’allora Fiat Ferroviaria, non ancora (s)venduta ai francesi, sull’onda del successo del “Pendolino”, il famoso elettrotreno ad assetto variabile che permetteva di viaggiare a velocità più elevate sulle (tortuose) linee tradizionali, ne stava mettendo a punto una versione a trazione Diesel, da utilizzarsi su percorsi non elettrificati: in tale contesto vedeva la luce l’ATR 410, un autotreno prototipo a due casse realizzato sfruttando, ove possibile, la componentistica dei contemporanei ETR 460-470-480, con i quali condivideva anche l’estetica.

Ghiotta occasione per Rivarossi, dato che in quel periodo Lima aveva in produzione proprio gli ETR 470 e 480 (ricordiamo che negli anni ’90 Lima era stata acquisita da Rivarossi, pertanto i due marchi avevano gestione unica) da cui derivare con molta facilità e poca spesa proprio l’ATR 410. Poca spesa, molta resa, perché il convoglio viene prodotto ovviamente in serie limitata di 750 esemplari nella famosa serie “Galletto”, la quale al tempo è sinonimo di prezzi particolarmente alti.

La gestazione è però più lunga del previsto: la sua prima comparsa in catalogo risale al 1998 come art. 0137, ma arriva nei negozi solo un paio d’anni dopo, nel 2000, con diverso codice articolo (5305), all’assurdo prezzo di circa 650.000 lire.

L’ATR 410 nella sua confezione “serie Galletto”, con certificato di garanzia di produzione limitata – foto da ebay

Il modello in sé non ha nulla di particolare volto a giustificare quel prezzo: in pratica si tratta delle due carrozze di estremità dell’ETR 480, con giusto qualche piccola modifica in particolare alle carenature inferiori, per riprodurre la corretta successione di griglie e sportelli, e al tetto, con l’eliminazione del pantografo, l’applicazione delle “gabbie” contenenti i reostati di frenatura e degli scarichi dei motori.

Le casse, come sui già citati ETR 470-480, sono in plastica trasparente successivamente verniciate (trucco già visto alcuni anni prima sulle E646 Lima e che permette di avere “gratis” i vetri a filo cassa), la colorazione rispecchia quella del prototipo reale con fondo bianco, fascia dei finestrini grigia e filetti ornamentali rossi; ricordiamo a tal proposito che al vero il mezzo, in una fase iniziale, ha circolato con una delle due carrozze in livrea incompleta.
Pochi i particolari aggiuntivi (trombe, fischi e poco altro), già montati in fabbrica.

Le due unità che compongono l’ATR 410 – foto da ebay

Anche la meccanica ricalca pari pari quella degli ETR 470-480: una delle due unità è motorizzata con motore a 5 poli collocato al centro del telaio (in metallo) che, tramite alberi con snodi cardanici e trasmissione a vite senza fine e cascata di ingranaggi, aziona i due carrelli, l’altra unità è invece folle.

L’accoppiamento delle due carrozze avviene tramite ganci non standard e non intercambiabili dotati di timoni di allontanamento e celati all’interno dei mantici di intercomunicazione, forniti in forma completa, cosa che limita l’escursione dei ganci e quindi la circolabilità in curva del mezzo (gli ETR 470-480 hanno invece in dotazione anche mantici semplificati per consentire la circolazione su curve dal raggio ridotto).

L’ATR 410 nella sua interezza – foto da ebay

Al vero l’ATR 410, sfumati gli entusiasmi iniziali, per una serie di ragioni ha avuto poca fortuna, finendo tristemente accantonato prima di essere recuperato dal Museo Ferroviario Piemontese di Savigliano dove si trova attualmente in attesa di un possibile restauro (solo estetico data l’impossibilità di reperire pezzi di ricambio) e anche il modello non deve essere andato a ruba, tanto che nel 2003, durante la breve e famigerata “gestione bresciana” e alla vigilia del fallimento con successivo passaggio a Hornby e conseguente “cinesizzazione”, era ancora in catalogo: probabilmente non hanno aiutato né il prezzo esageratamente elevato né le ristrette possibilità di ambientazione (pochi anni intorno al 2000) né l’estetica, tutto sommato piuttosto anonima.

Oggi l’ATR 410 Rivarossi costituisce una curiosità per collezionisti e, ovviamente, è oggetto di speculazioni, sebbene i prezzi di vendita sul mercato dell’usato siano tutto sommato allineati con il folle prezzo originario.