Elettromotrici ALe 880 a testate piatte – Os.kar

Annunciate a sorpresa solo pochi mesi fa, sono state recentemente consegnate da Os.kar le elettromotrici FS ALe 880 in scala H0 nella versione a testate piatte, ossia con entrambe le testate dotate di intercomunicanti. Ricordiamo che al vero questa era una peculiarità solamente di una parte del gruppo, mentre il grosso era caratterizzato dalla presenza di un frontale aerodinamico, la cui estetica era comune alle diverse elettromotrici concepite negli anni ’30, oltre ai coevi elettrotreni ETR 200.

Si tratta di una riproduzione in certa misura inedita, infatti in passato queste particolari elettromotrici erano state oggetto solamente di produzioni artigianali tra cui quelle di GT Modelli degli anni ‘80, ormai obsolete sebbene riproposte negli anni con vari aggiornamenti (l’ultima reincarnazione di questa famiglia di modelli, in veste di ALe 400, è stata presentata a Novegro 2023).

Prima di proseguire riteniamo utile tracciare brevemente le complesse vicende di questi rotabili: le 34 ALe 880 a testate piatte, numerate da 001 a 034, entrarono in servizio nel 1938-39, originariamente classificate ALe 88 0001-0034 (la classificazione definitiva sarebbe stata adottata solo nel 1943), con allestimenti di terza classe per un totale di 88 posti a sedere. Seguivano di pochissimi mesi le ALe 79 0001-0022 (poi ALe 790 001-022), del tutto simili ma dotate di un numero minore di posti a sedere (79), in configurazione mista seconda-terza classe (rispettivamente 23 e 56 posti), e caratterizzate dalla presenza di coprigiunti sulle fiancate e sulle testate della cassa, realizzata con pannelli di duralluminio, soluzione adottata dal costruttore (FIAT-Marelli) e che si ritrovava anche sulle produzioni successive.

La guerra portò grossi scompigli nella vita di questi mezzi: delle ALe 880 001-034 andarono perdute 6 unità (002, 008, 017, 018, 020, 022) e altre due (005, 025) rimasero in Jugoslavia, dove ripresero servizio presso le JZ. Le rimanenti 26, nel clima di emergenza postbellico, vennero rattoppate alla bell’e meglio per poter riprendere servizio “in qualche modo”: 10 unità ricevettero allestimenti interni provvisori, sempre di terza classe (panche), e vennero riclassificate con numeri progressivi aumentati di 300 e compresi tra 303 e 334, altre 15 furono private dei motori e degli equipaggiamenti di trazione (che evidentemente erano serviti per rimettere in sesto le prime 10) e trasformate in rimorchi, con classificazione nel gruppo Le 880 e numero di servizio invariato, compreso tra 001 e 033 (probabilmente anche qui gli interni furono, almeno in parte, allestiti con panche). Solo la 029 sembrerebbe essere rimasta indenne da tutto ciò, o forse non venne riclassificata. La situazione si normalizzò solamente tra il 1959 e il 1961, quando vennero ripristinati gli arredi (che dal giugno 1956 erano divenuti di seconda classe a seguito dell’abolizione della terza) e le motorizzazioni, nonché le marcature originarie.

Ancora più complesse le vicissitudini delle ALe 790 001-022, che per completezza trattiamo in questa sede: già nel 1940 le unità 002 e 019 (allora ancora classificate ALe 79) vennero declassate a terza classe, con modifica agli interni e aumento dei posti a 88, e riclassificate nel gruppo ALe 88 (con numerazione 0101 e 0102, poi ALe 880 101 e 102), mentre la 009 ricevette allestimenti di sola seconda classe (forse utilizzando i sedili recuperati dalle 002 e 019), con riduzione dei posti a sedere a 63 e riclassificata ALe 63 0001, dal 1943 ALe 630 001.

Dei 22 esemplari costruiti 3 (006, 020 e la ALe 880 102 ex ALe 79 0002) non scamparono alle distruzioni belliche mentre un quarto (la ALe 880 101 ex ALe 79 0019) finì in Jugoslavia. Si salvò invece la ALe 630, che rimase tale fino al 1959, quando venne riconvertita in ALe 790 009, mentre la 013 finì demotorizzata e trasformata in rimorchio (Le 790 013) e così restò fino al 1959, quando fu ripristinata come motrice. Le altre 16 macchine, al pari delle 10 ALe 880 di cui si è detto prima, vennero rimesse in piedi con spartani arredi di terza classe (seconda classe dal 1956) ed entrarono a far parte del gruppo ALe 880, con numero progressivo aumentato di 200 e compreso tra 201 e 222. All’inizio degli anni ’60 vennero dotate di arredi più confortevoli ma rimasero nel gruppo ALe 880, però con numerazione modificata e compresa tra 101 e 116 (in ordine di trasformazione, senza alcuna connessione con i progressivi originari). Da evidenziare che sono esistite nel tempo due ALe 880 101 e due ALe 880 102. In definitiva quindi vi erano due serie di ALe 880 a testate piatte, le 001-034, nate come tali, e le 101-116, ricavate dalle ALe 790 e caratterizzate dai coprigiunti sulla cassa; a queste si aggiungevano le ALe 790 009, ex ALe 630 001, e 013, ex Le 790, esteticamente analoghe alle ALe 880 101-116. Tutti queste elettromotrici sono state radiate nel corso degli anni ’80, solo le ALe 880 027 e 103 risultavano ancora attive nel 1991.

Tutto questo preambolo ci è servito per meglio inquadrare e contestualizzare il modello Os.kar, del quale sono state prodotte due versioni: abbiamo infatti una prima confezione contenente le ALe 880 013 e 019 (art. 2096), rispettivamente motorizzata e folle, che per alcuni elementi quali le trombe di vecchio tipo, più lunghe, o la mancanza dei pittogrammi “fumatori/non fumatori” si collocano nel periodo compreso tra gli anni ’60 e la metà dei ’70.

ALe 880 013 e 019, art. 2096 – foto da laborsadeltreno.com

Una seconda confezione (art. 2097) contiene la ALe 880 026 e la rimorchiata Le 640 027, ambientate a fine carriera negli anni ’80. Relativamente a questo articolo, la numerazione della ALe 880 riportata sul catalogo è 025, molto probabilmente si tratta di un refuso, anche perché al vero questa unità, come detto prima, è finita in Jugoslavia; inoltre viene dichiarata la presenza dei fanali moderni (di tipo automobilistico), visibili anche nell’immagine sul catalogo e sul modello di preproduzione presentato alla stampa, marcato però ALe 880 027.

ALe 880 026 e Le 640 027 – foto da littorina.it

Sul modello definitivo invece i fanali riproducono la versione di origine, ciò è corretto in quanto la ALe 880 026 ha mantenuto i vecchi fanali sino a fine carriera, come documentato da un’immagine risalente al giugno 1988 pubblicata sul volume “Elettromotrici della prima generazione” (a pag. 118). E tralasciamo il fatto che sulla scatola è indicata per il rimorchio la numerazione 031 anziché 027… Sarebbe però il caso che Os.kar si chiarisse le idee, o almeno rileggesse i cataloghi prima di pubblicarli, perché non è certo la prima volta che si vedono discrepanze tra quanto scritto e quanto effettivamente realizzato (ad esempio la ALa 582 in livrea XMPR in confezione da 4 elementi anziché da 2 o la ALe 660 numerata 004 anziché 005), e così si crea solamente una grande confusione tra i rivenditori e gli acquirenti.

Estratto da catalogo Os.kar novità 2024

Il modello è molto ben rifinito e la sua architettura costruttiva riprende quella di altre elettromotrici ed automotrici Os.kar prodotte in passato (ALe 540, ALn 773 ecc.).
La cassa, in plastica, è ricca di dettagli, specie sul tetto, dove sono riportati i cavi AT con i sezionatori “a corna”, vari aeratori, trombe e fischi, gli appigli per le scalette di ispezione oltre ai pantografi tipo 42LR, fini ma delicati, sui quali ci pare ben riuscita la realizzazione dello strisciante e relativo portastrisciante, elemento che su altre riproduzioni di tale tipologia di pantografo è spesso realizzato in modo approssimativo o con proporzioni falsate.

I portelloni frontali possono essere asportati per montare il mantice di intercomunicazione in posizione estesa (oltre ai portelloni stessi in configurazione aperta, forniti tra gli aggiuntivi). I modelli escono di fabbrica con una testata chiusa e l’altra aperta, nella confezione sono comunque contenuti tutti gli elementi per allestire a piacere i frontali.

La saracinesca, presente solo sulla fiancata destra subito dietro la cabina posteriore, è applicata a parte.

ALe 880 013, art. 2096, fiancata destra – foto da ebay

I finestrini del comparto viaggiatori, alcuni dei quali dotati di tendine in posizione semichiusa, integrano i deflettori nella parte alta mentre su quelli frontali della cabina è incisa la riproduzione degli sbrinatori. Il vetro della ritirata, a vasistas, è riprodotto in posizione di apertura, leggermente inclinato.

Gli interni, come consuetudine di Os.kar, sono iperdettagliati e attraverso i finestrini sono visibili gli arredi, con i sedili di colore verde, mentre nelle cabine è riprodotto il piccolo banco di manovra e il rubinetto del freno di colore rosso, che spicca attraverso il vetro laterale della postazione del macchinista.

ALe 880 013, art. 2096, vista dall’alto – foto da ebay

Le carenature inferiori, sempre in plastica, sono realizzate separatamente rispetto alla parte superiore della cassa, purtroppo l’assemblaggio non sempre è fatto a regola d’arte e su vari esemplari rimangono in vista fessure più o meno evidenti, pur se dissimulate dallo stacco tra il castano e l’isabella della livrea. Le carene recano incisi i vari sportelli e griglie, inoltre la parte in corrispondenza dei carrelli è mobile, trattenuta da molle di richiamo, onde consentire la circolazione del modello, lungo oltre 30 cm, su curve di raggio ridotto (il produttore dichiara fino a 420 mm). La porzione frontale è amovibile e sostituibile con un elemento dotato di apertura per il passaggio del gancio modellistico, per il quale è previsto il supporto a norma NEM362 con timone di allontanamento.

I respingenti sono (inutilmente) molleggiati, questo fa sì che i piatti possano disporsi irrealisticamente in obliquo.

ALe 880 013, art. 2096, testata anteriore – foto da ebay

I carrelli sono realizzati in modo soddisfacente, nella loro particolare struttura con boccole interne agli assi che lasciano in vista le vele delle ruote, le quali hanno bordini di altezza ridotta, a vantaggio dell’estetica (ma non sempre della circolabilità, ci arriviamo più avanti).

L’impianto elettrico, complesso come si usa oggi e ricco di componenti SMD, economici ma difficili da sostituire se non si dispone di attrezzature specifiche, prevede l’illuminazione interna e dei fanali tramite microLED e l’altoparlante per la sonorizzazione, già montato di serie; è inoltre presente, ovviamente, l’interfaccia per il decoder secondo lo standard Plux22, accessibile tramite uno sportellino ubicato nel sottocassa e dove trovano posto anche i microinterruttori per attivare o meno l’illuminazione dei fanali.

Fortunatamente si è resistito alla tentazione di introdurre una “linea treno”, che avrebbe necessitato degli scomodissimi e delicatissimi agganci dotati di spinotti, a tutto vantaggio della praticità: ogni elettromotrice infatti è elettricamente indipendente, dunque anche le unità non motorizzate dovranno essere dotate di uno specifico decoder per il funzionamento in DCC.

ALe 880 013, art. 2096, fiancata sinistra – foto da ebay

Anche la meccanica ricalca quella delle ALe 540 e di altri modelli Os.kar, con due motori di piccole dimensioni, celati dall’arredo interno, che tramite alberi con snodo cardanico, viti senza fine e ingranaggi azionano ciascuno un carrello.

Il funzionamento é sostanzialmente regolare, purtroppo però a livello progettuale ci si è “dimenticati” di adottare un sistema di appoggio isostatico tra cassa e carrelli e ciò, unitamente alla ridotta altezza dei bordini delle ruote, fa sì che se i binari non sono posati in piano, o se vi sono sghembi (ad esempio nei raccordi di sopraelevazione delle curve) o particolari configurazioni di tracciato che comportano una non perfetta complanarità delle due rotaie, l’elettromotrice finisce per sviare. Inoltre anche l’aderenza, pur in presenza di cerchiature in gomma, non viene sfruttata in maniera ottimale, con possibili slittamenti su tracciati che presentano qualche acclività.

A questo proposito riteniamo opportuno fare appello ai vari produttori perché si decidano una volta per tutte ad adottare come standard progettuale l’appoggio isostatico (specie sui rotabili di maggiore lunghezza) con la stessa convinzione con cui vengono spesso inseriti di serie, per tentare di giustificare prezzi ingiustificabili, optional e ammenniccoli vari non richiesti (decoder, altoparlanti, scintillii ed effetti luminosi psichedelici ecc.), senza dare all’acquirente la possibilità di scelta. Studiare una buona meccanica in fase di progettazione non costa nulla, dover mettere le mani sui modelli per farli funzionare bene invece può essere complicato e non alla portata di tutti. Inoltre l’appoggio isostatico non è certo una tecnologia innovativa, lo adottava, ad esempio, Rivarossi già negli anni ’50-’60 e ci pare assurdo che una ALn 668 Rivarossi di quasi 60 anni fa o una ALe 880 GT di 40 anni fa circolino meglio delle loro omologhe ViTrains e Os.kar…

La finitura è buona, le tonalità appaiono realistiche così come le varie marcature e iscrizioni di servizio. Al riguardo è da notare che la ALe 880 026 ha le marcature in color bianco avorio e prive di ombreggiatura, come visibile al vero su vari esemplari negli ultimi anni di servizio.

Dettaglio della fiancata della ALe 880 026 – foto da littorina.it

Sul rimorchio Le 640 non ci dilunghiamo, le sue caratteristiche sono del tutto analoghe a quelle delle versioni prodotte in passato, già trattate in un precedente articolo.

ALe 880 026 e Le 640 027 – foto da littorina.it

I prezzi, naturalmente, proseguono nel loro moto uniformemente accelerato: la coppia di ALe 880 viaggia sui 400 euro, qualcosa in meno per la confezione ALe 880-Le 640, in vendita a “soli” 377 euro (vari negozi comunque praticano sconti dell’ordine del 10%). Ciononostante, e grazie alla produzione limitata ad alcune centinaia di esemplari, l’accoglienza sembrerebbe essere stata più che positiva, al momento in cui scriviamo infatti la confezione 2096 risulta già esaurita presso vari rivenditori.

Prossimamente dovrebbe essere prodotta una terza confezione (art. 2098) che, stando al catalogo, dovrebbe contenere le ALe 880 011 e 023 ambientate negli anni ’80, staremo a vedere se la realizzazione corrisponderà o meno alla descrizione.